di Paola Pottino
Per anni è stato il punto di riferimento delle famiglie, la figura a cui si affidavano dubbi, cure, ansie e paure. Il medico di famiglia rappresentava una presenza costante, capace di ascoltare, consigliare e accompagnare nei percorsi di cura. Con l’introduzione delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (Aft) previste nei nuovi contratti nazionali, il ruolo dei 38mila medici di famiglia sarà affiancato da un team: medici, infermieri e specialisti che collaboreranno per offrire un’assistenza più vicina alle esigenze dei cittadini.
La prossima settimana in Sicilia dovrebbe essere firmato l’accordo che darà il via alla riorganizzazione delle cure primarie. Le Aft, infatti, prevedono la creazione di pool di assistenti che lavoreranno a fianco e in sinergia con il medico di famiglia.
Un passo fondamentale per ridisegnare il rapporto tra medicina territoriale e cittadino. «Della riforma sanitaria si parla tanto, ma è tempo di passare ai fatti», afferma il presidente dell’Ordine dei medici Luigi Galvano. Aggiunge che la Sicilia è pronta a recepire il modello nazionale puntando molto sulla medicina di prossimità.
Case di comunità, le strutture territoriali polifunzionali nelle quali lavorano diverse figure professionali, che si trovano nei territori abitati dai 30 ai 50 mila cittadini.
I dati della cartella clinica del paziente non saranno più analizzati esclusivamente dal medico di famiglia ma potranno essere letti insieme ai consulenti degli altri medici, generando così una comunità di assistenza. Basterà chiamare il numero europeo 116117, una sorta di triage che destina le richieste del paziente in base alle necessità e al livello di urgenza, migliorando anche il sistema di riferimento ai servizi territoriali.
Che ne sarà allora delle guardie mediche? Continuare a mantenerle ha un costo elevato e, forse, una visibilità non coerente con il nuovo modello. Il futuro è un sistema unico e integrato dove, nei casi meno gravi, si può ricorrere al supporto delle Aft.



