La medicina narrativa per aiutare chi è in cura

Convegno a Ragusa Ibla su una nuova metodologia che mette al centro l'esperienza sia della persona assistita che dell'operatore sanitario

"La medicina narrativa rappresenta non solo un approccio clinico, ma un modo etico e profondamente umano di stare nella relazione di cura.” E’questa, in sintesi, la tesi della professoressa Sabina Fontana, docente di linguistica e glottologia presso l’Università di Ragusa e ideatrice, insieme a Caterina Testaì, direttore sanitario del Consorzio Sisifo, della borsa di studio e del convegno tenutosi venerdì nell’aula magna di Ragusa Ibla e dal titolo “Medicina narrativa, crocevia di competenze: stato dell’arte e prospettive future”. Il tema dell’incontro scientifico è nato dall’intesa di Sisifo con l’Università di Catania, Dipartimento di Scienze Umanistiche, all’interno della quale si è pensato a un progetto di un dottorato innovativo relativo ai bisogni di innovazione delle imprese (D.M. n.630) su Medicina Narrativa e Accessibilità. Una borsa di studio che è stata assegnata a Maria Adele Limongelli, che ha partecipato al convegno presentando una relazione sul valore della medicina narrativa, un approccio che integra la dimensione scientifica della cura con quella umana, mettendo al centro la voce, l’esperienza e il vissuto sia della persona assistita che dell’operatore sanitario.
Ma in cosa consiste la medicina narrativa? Si tratta, secondo gli esperti, di un approccio metodologico e relazionale che riconosce nel racconto e nell’ascolto strumenti essenziali per la cura, l’umanizzazione e la consapevolezza, promuovendo una visione della medicina che non si limita alla diagnosi e al trattamento, ma si apre alla comprensione profonda della persona, dei suoi bisogni e del suo contesto emotivo, culturale e sociale. Il racconto, in questa prospettiva, diventa parte integrante del percorso di cura, contribuendo a costruire relazioni di fiducia e a rafforzare l’alleanza tra medico e paziente. “Il nostro obiettivo – ha spiegato la dottoressa Limongelli - è rendere l'accessibilità un principio strutturale, non un’aggiunta: ogni paziente ha diritto a essere compreso nella sua interezza."  La collaborazione tra università e impresa nasce anche dal desiderio condiviso di formare professionisti capaci di ascoltare, interpretare e valorizzare le storie dei pazienti per costruire insieme un sapere che unisce competenze scientifiche e sensibilità narrativa, riportando al centro la persona. L’evento, che ha riunito esperti, ricercatori e medici per condividere pratiche, strumenti e riflessioni su come la narrazione possa diventare un ponte tra mondi diversi nel contesto della cura ha visto, tra i relatori, i professori Marina Paino, Stefano Rapisarda, Antonella Paola Agodi, Pierfrancesco Veroux, Giuseppe Lavima, Vittorio Lenzo, Giuseppe Lanza e Rossella Liuzzo. E ancora, Giuseppe Drago e Giuseppe Cassi, rispettivamente direttore dell’Asp e Sindaco di Ragusa, Maria Giulia Marini, Presidente della European Narrative Medicine Society, Giuseppe Piccolo, Presidente di Sisifo, Pina Travagliante, Christian Delorenzo, Letizia Ragusa e Aurora Palmigiano dell’IRCCS Oasi di Troina, Antonio Virzi, Presidente emerito Società Italiana di Medicina Narrativa e Caterina Testaì direttore sanitario di Sisifo. “La Narrative Medicine (NM) è un approccio integrato di cura che punta a superare i limiti dell’approccio medico tradizionale, concentrato esclusivamente sulla diagnosi e trattamento tecnico della malattia – ha spiegato Maria Adele Limongelli - La NM valorizza invece la narrazione come strumento essenziale per comprendere in profondità l’esperienza del paziente. Sviluppata per analizzare le prospettive emotive, psicologiche e sociali di chi vive una malattia, la medicina narrativa integra la metodologia dell’Evidence-Based Medicine (EBM), rendendo la cura non solo personalizzata ma anche più umana e completa. Tale approccio innovativo riconosce l’importanza delle storie personali, che diventano parte attiva nel percorso decisionale clinico, migliorando la qualità dell’assistenza e della relazione medico-paziente”. Gli obiettivi principali del progetto di ricerca sono due. In primo luogo, affrontare le barriere comunicative e le disuguaglianze epistemiche che spesso impediscono la piena comprensione delle esperienze di pazienti provenienti da contesti culturali diversi, persone con disabilità sensoriali e altri gruppi marginalizzati. In secondo luogo, migliorare la qualità delle cure rendendo accessibili le narrazioni dei pazienti anche in forma digitale, attraverso strumenti che garantiscano un’ampia accessibilità e la personalizzazione dei percorsi di cura. Per raggiungere questi scopi, il progetto integrerà metodologie come l’etnopragmatica, l’analisi del discorso e l’osservazione partecipante, favorendo un approccio bottom-up che pone i pazienti al centro della ricerca.“La collaborazione con noi di Sisifo – aggiunge Caterina Testaì -consentirà di applicare questi metodi nella pratica clinica, in particolare nei servizi di cure palliative, dove il racconto della propria esperienza di malattia può aiutare i pazienti a costruire significati condivisi con i propri cari, alleviando il senso di frammentazione spesso presente nelle fasi terminali. Un elemento innovativo del progetto è lo sviluppo di un protocollo di formazione destinato al personale sanitario. Tale protocollo, attualmente in fase di progettazione, prevede moduli teorico-pratici volti a potenziare le competenze comunicative degli operatori, con particolare attenzione alla raccolta, restituzione e valorizzazione delle storie cliniche dei pazienti. Le attività formative saranno accompagnate da una fase di supervisione sul campo, per garantire un effettivo trasferimento delle competenze e il radicamento del metodo narrativo nella routine assistenziale”.  Il progetto di ricerca si pone come obiettivo ultimo quello di creare un modello di assistenza sanitaria che riconosca e valorizzi la pluralità delle storie personali, rispondendo alle esigenze di una sanità sempre più inclusiva e umana.

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